L’abisso è un racconto urgente, profondo, attuale sull’indicibile tragedia contemporanea degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo. Per parlare dei tanti temi dello spettacolo Davide Enia autore, regista e interprete, incontra il pubblico. Modera Anna Piletti.
Chiostro Nina Vinchi
L’abisso è quello del Mediterraneo che ingoia essere umani e quello interiore di un uomo di mare, che Davide Enia, palermitano, scrittore, drammaturgo, interprete e regista di se stesso ha tratto dal suo nuovo romanzo in presa diretta da Lampedusa, Appunti per un naufragio.
In occasione delle recite al Teatro Grassi (dal 12 al 24 novembre) Davide Enia incontra il pubblico per parlare di un tema urgente, di una tragedia contemporanea, che ha vissuto in prima persona assistendo agli sbarchi a Lampedusa e parlando con testimoni diretti, pescatori, personale della Guardia Costiera, residenti, medici, volontari e sommozzatori. Dalle loro parole, e soprattutto dai loro silenzi, Enia ha tratto un libro e poi uno spettacolo che fonde diversi registri e linguaggi teatrali: gli antichi canti dei pescatori, intonati lungo le rotte tra Sicilia e Africa, e il cunto palermitano, sulle melodie a più voci che si intrecciano fino a diventare preghiere cariche di rabbia quando il mare ruggisce e nelle reti, assieme al pescato, si ritrovano i cadaveri di uomini, donne, bambini.
L’abisso è quello del Mediterraneo che ingoia essere umani e quello interiore di un uomo di mare, che Davide Enia, palermitano, scrittore, drammaturgo, interprete e regista di se stesso ha tratto dal suo nuovo romanzo in presa diretta da Lampedusa, Appunti per un naufragio.
In occasione delle recite al Teatro Grassi (dal 12 al 24 novembre) Davide Enia incontra il pubblico per parlare di un tema urgente, di una tragedia contemporanea, che ha vissuto in prima persona assistendo agli sbarchi a Lampedusa e parlando con testimoni diretti, pescatori, personale della Guardia Costiera, residenti, medici, volontari e sommozzatori. Dalle loro parole, e soprattutto dai loro silenzi, Enia ha tratto un libro e poi uno spettacolo che fonde diversi registri e linguaggi teatrali: gli antichi canti dei pescatori, intonati lungo le rotte tra Sicilia e Africa, e il cunto palermitano, sulle melodie a più voci che si intrecciano fino a diventare preghiere cariche di rabbia quando il mare ruggisce e nelle reti, assieme al pescato, si ritrovano i cadaveri di uomini, donne, bambini.