Ne Il canto della caduta, Marta Cuscunà recupera un antico racconto epico della tradizione popolare dei Ladini, minoranza etnica che vive nelle valli centrali delle Dolomiti: il mito di Fanes che racconta di un'età dell'oro in cui gli esseri umani avevano un rapporto di alleanza con la Natura. In questo “tempo più antico del tempo” la guida del popolo era compito femminile. Poi arrivò un re straniero e fu l'inizio di una nuova epoca del dominio e della spada.
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Teatro Grassi
Il canto della caduta si ispira all'antico mito di Fanes e racconta di un'età dell'oro in cui gli esseri umani avevano un rapporto di alleanza con la Natura che permetteva loro di vivere in pace e abbondanza. Il canto della caduta parla di un “tempo più antico del tempo” e di un regno pacifico in cui la guida del popolo era compito femminile.
Poi arrivò un re straniero e fu l'inizio di una nuova epoca del dominio e della spada. Il Regno perduto di Fanes è il canto nero della caduta dell’Umanità nell'orrore della guerra. La scena iniziale è la scena della fine: un campo di battaglia. La guerra non si vede mai sulla scena. Eppure c'è, restituita al pubblico dal punto di vista degli unici personaggi che ne traggono sempre vantaggio: i corvi. I corvi prendono le parti del coro, descrivono la battaglia, indugiano con meraviglia sul lato ostinato degli uomini nel darsi morte fino al culmine della carneficina.
Non esiste popolo che non abbia un suo patrimonio peculiare di racconti mitici che narrano le origini dell'universo, degli dei, dell'ordine sociale e offrono immagini a paure e domande ancestrali: la guerra è parte incancellabile del destino dell'umanità? Cosa ci spinge perennemente alla guerra invece che alla pace? Perché ci cacciamo e perseguitiamo l'uno con l'altro?
Il canto della caduta cerca nuove immagini per antichi problemi e, attraverso il mito di Fanes, porta alla luce il racconto perduto di come eravamo, di quell'alternativa sociale auspicabile per il futuro dell'umanità che viene presentata sempre come un'utopia irrealizzabile. E che, forse, invece è già esistita.
Durata: 65 minuti
Il canto della caduta si ispira all'antico mito di Fanes e racconta di un'età dell'oro in cui gli esseri umani avevano un rapporto di alleanza con la Natura che permetteva loro di vivere in pace e abbondanza. Il canto della caduta parla di un “tempo più antico del tempo” e di un regno pacifico in cui la guida del popolo era compito femminile.
Poi arrivò un re straniero e fu l'inizio di una nuova epoca del dominio e della spada. Il Regno perduto di Fanes è il canto nero della caduta dell’Umanità nell'orrore della guerra. La scena iniziale è la scena della fine: un campo di battaglia. La guerra non si vede mai sulla scena. Eppure c'è, restituita al pubblico dal punto di vista degli unici personaggi che ne traggono sempre vantaggio: i corvi. I corvi prendono le parti del coro, descrivono la battaglia, indugiano con meraviglia sul lato ostinato degli uomini nel darsi morte fino al culmine della carneficina.
Non esiste popolo che non abbia un suo patrimonio peculiare di racconti mitici che narrano le origini dell'universo, degli dei, dell'ordine sociale e offrono immagini a paure e domande ancestrali: la guerra è parte incancellabile del destino dell'umanità? Cosa ci spinge perennemente alla guerra invece che alla pace? Perché ci cacciamo e perseguitiamo l'uno con l'altro?
Il canto della caduta cerca nuove immagini per antichi problemi e, attraverso il mito di Fanes, porta alla luce il racconto perduto di come eravamo, di quell'alternativa sociale auspicabile per il futuro dell'umanità che viene presentata sempre come un'utopia irrealizzabile. E che, forse, invece è già esistita.
Durata: 65 minuti
Incontri e approfondimenti
La Locandina
Il canto della caduta
di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione animatronica Paola Villani
assistente alla regia Marco Rogante
progettazione video Andrea Pizzalis
disegno luci Claudio “Poldo” Parrino
disegno del suono Michele Braga
partitura vocale Francesca Della Monica
esecuzione dal vivo luci, audio e video Marco Rogante
costruzioni metalliche Righi Franco Srl
assistente alla realizzazione animatronica Filippo Raschi
collaborazione al progetto Giacomo Raffaelli
cura e organizzazione Etnorama
distribuzione Jean-François Mathieu
co-produzione Centrale Fies, CSS Teatro stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Torino, São Luiz Teatro Municipal (Lisbona)
in collaborazione con: Teatro Stabile di Bolzano, A Tarumba Teatro de Marionetas (Lisbona)
Residenze artistiche Centrale Fies, Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin, São Luiz Teatro Municipal, Lisbona, La Corte Ospitale
con il contributo del Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto - Teatro Dimora/La Corte Ospitale”
sponsor tecnici: igus® innovazione con i tecnopolimeri; Marta s.r.l. forniture per l’industria
si ringraziano Daniele Borghello, Cattivo Frank - Franco Brisighelli, Erika Castlunger, Ulrike Kindl, Andrea Macaluso, Alessandra Marocco, Famiglia Medioli Valle, Giuseppe Michelotti, Giuliana Musso, Bernardetta Nagler, Ioana Bucurean, Maria Chemello, Laura Rizzo, Stefania Santoni, Virginia Sommadossi
fonti di pensiero e parole: Kläre French-Wieser; Carol Gilligan; Ulrike Kindle; Giuliana Musso; Heinrich von Kleist; Christa Wolf
Prima rappresentazione italiana 25 - 26 ottobre 2018, Teatro Palamostre, Udine
Prima rappresentazione internazionale 15 -16 febbraio 2019 , São Luiz Teatro Municipal, Lisbona
Dal 2009 al 2019 Marta Cuscunà ha fatto parte del progetto Fies Factory di Centrale Fies
Biglietti
Categoria spettacolo Ospitalità
Platea Intero € 33 | Ridotto (under 26 e over 65) € 21
Balconata Intero € 26 | Ridotto (Under 26 e over 65) € 18
Abbonamenti
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Come e dove acquistare
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COVID-19
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Gruppi e pubblico organizzato
Per informazioni sui biglietti per il pubblico organizzato:
tel. 02 72 333 216
mail promozione.pubblico@piccoloteatromilano.it