In occasione del debutto di In nome del padre, l’autore e interprete Mario Perrotta e lo psicoanalista Massimo Recalcati, consulente alla drammaturgia, incontrano il pubblico per raccontare la nascita dello spettacolo.
Teatro Studio Melato
In occasione del debutto di In nome del padre (al Teatro Studio Melato dal 17 al 22 dicembre 2018), l’autore e interprete Mario Perrotta e lo psicoanalista Massimo Recalcati consulente alla drammaturgia incontrano il pubblico per raccontare la nascita dello spettacolo, primo capitolo della trilogia sulle famiglie millennials In nome del padre, della madre, dei figli.
Nel corpo di un solo attore tre padri, diversissimi tra loro per estrazione sociale, provenienza geografica, condizione lavorativa. A distinguerli gli abiti, il dialetto o l’inflessione, i corpi ora mesti, ora grassi, ora tirati e severi.
«Il nostro tempo è il tempo del tramonto dei padri. La loro rappresentazione patriarcale che li voleva come bussole infallibili nel guidare la vita dei figli o come bastoni pesanti per raddrizzarne la spina dorsale si è esaurito irreversibilmente – sostiene Recalcati –. Il linguaggio dell’arte - e in questo progetto di Mario Perrotta che ho scelto di accompagnare, il linguaggio del teatro - può dare un contributo essenziale per cogliere sia l’evaporazione della figura tradizionale della paternità, sia il difficile transito verso un’altra immagine - più vulnerabile ma più umana - di padre della quale i nostri figli - come accade a Telemaco nei confronti di Ulisse - continuano ad invocarne la presenza».
In occasione del debutto di In nome del padre (al Teatro Studio Melato dal 17 al 22 dicembre 2018), l’autore e interprete Mario Perrotta e lo psicoanalista Massimo Recalcati consulente alla drammaturgia incontrano il pubblico per raccontare la nascita dello spettacolo, primo capitolo della trilogia sulle famiglie millennials In nome del padre, della madre, dei figli.
Nel corpo di un solo attore tre padri, diversissimi tra loro per estrazione sociale, provenienza geografica, condizione lavorativa. A distinguerli gli abiti, il dialetto o l’inflessione, i corpi ora mesti, ora grassi, ora tirati e severi.
«Il nostro tempo è il tempo del tramonto dei padri. La loro rappresentazione patriarcale che li voleva come bussole infallibili nel guidare la vita dei figli o come bastoni pesanti per raddrizzarne la spina dorsale si è esaurito irreversibilmente – sostiene Recalcati –. Il linguaggio dell’arte - e in questo progetto di Mario Perrotta che ho scelto di accompagnare, il linguaggio del teatro - può dare un contributo essenziale per cogliere sia l’evaporazione della figura tradizionale della paternità, sia il difficile transito verso un’altra immagine - più vulnerabile ma più umana - di padre della quale i nostri figli - come accade a Telemaco nei confronti di Ulisse - continuano ad invocarne la presenza».